In una delle foreste più magiche ed antiche d’Europa, giace silente una chiesetta. Immersa nel bosco guarda passare gli anni e custodisce gelosa uno dei simboli più preziosi dei celti. E così, nella piccola dimora cristiana di Tréhorenteuc, in Broceliande, troviamo uno splendido mosaico rappresentante un maestoso cervo bianco. Tutto, dai suoi palchi che ciclicamente si rinnovano, al suo candido manto così raro e prezioso, tutto ci richiama alla mente una simbologia strettamente legata al paganesimo, simboli e allegorie che il cristianesimo ha fatto proprie, e così, il cervo sacro a Lugh e alla Grande Madre, è divenuto una rappresentazione di Cristo.
Le religioni nuove assumono in sé i simboli e i concetti di quelle più antiche, ma è un bene, in questo modo almeno, si conserva ciò che altrimenti sarebbe andato perduto nell’oblio dei secoli. E allora il bianco cervo di Broceliande ci narra ciò che un tempo, ormai remoto, le antiche popolazioni celtiche vedevano in lui, Signore dei Boschi e della Rinascita.
I cervi nelle tradizioni celtiche, venivano chiamati anche “tori delle Fate”, o “bestiame della Dea”.
Questo animale è strettamente connesso alla figura della Dea Madre e ai culti della fertilità. La rinascita viene intesa come apprendimento e iniziazione, come crescita del proprio essere e del proprio spirito. E tutto ciò non solo nella cultura celtica, ma il quella nordica in generale.
Così troviamo quattro cervi attorno ad Yggdrasil, l’albero della vita, il frassino che rappresenta le sfere del Mondo. Essi si nutrono di lui, e, precisamente, dei boccioli, ovvero le ore, dei fiori – i giorni-, e dei rami, -le stagioni-.
In linea di massima al cervo vennero attribuiti molte altre caratteristiche. E’ sicuramente un messaggero divino, un intermediario tra l’Altro Mondo e questo.
Nella tradizione gallese il cervo di Redynvre è una delle più antiche creature del mondo, ed ha proprio il compito di guida verso l’Altro Mondo. Non a caso lo troviamo nei racconti mitologici gallesi raccolti sotto il nome di Mabinogion.
Ancora, il cervo è presente pure nel primo verso della Canzone di Amergin (io sono cervo dai sette palchi –sette, numero legato alla perfezione), un antico canto che si narri essere capace di indurre stati di coscienza alterati se cantato in un determinato modo. E' solo la versione irlandese ad esserci pervenuta, purtroppo dell’originale in goidelico non v’è più traccia. L’analisi che si fa del verso di questa canzone è davvero assai complessa, ma, tirando le somme, un noto mitografo sostiene che assai probabilmente, nell’Età del Bronzo, cervo e toro venissero equiparati e fossero sacri alla Dea Madre.
Altri importantissimi simbolismi ad esso legato oltre alla fertilità sono la sovranità e la sacralità.
Nel pantheon celtico troviamo anche un dio cervo, Cernunnos, la cui rappresentazione più famosa lo vede seduto a gambe incrociate circondato da molti animali, con grandi corna di cervo, e con in una mano un torque, elemento che rappresenta senza ombra di dubbio la sovranità. Accanto a lui un cervo.
Il Re Cervo, il Dio Cervo, che ciclicamente viene sacrificato alla Dea madre per assicurare la fertilità alla terra è un elemento mitologico assai diffuso in molte diverse culture. Lo ritroviamo ad esempio, nel mito greco di Atteone e nella cultura sciamanica dei Nativi d'America che non a caso hanno moltissimi punti in comune con la spiritualità celtica.
In ultima analisi, non possiamo non sottolineare l’aspetto di dio sciamano legato a Cernunnos, dio cervo gallico per eccellenza. Già solo la sua postura nella nota rappresentazione sul calderone di Gundestrup (I secolo a.C.), ci parla di sciamanesimo e totemismo, egli è infatti seduto a gambe incrociate e schiena eretta.
Non a caso il cervo, così come anche l’orso, il toro o il cavallo, è sempre stato un importante animale totemico.
Anche nella nostra vicina Val Canonica, troviamo dipinti rupestri raffiguranti un uomo con palchi di cervo sul capo.
Probabilmente dipinti che avevano lo scopo di favorirne la caccia e che rappresentavano forse un sacerdote, uno sciamano. Non solo, egli è spesso rappresentato all’interno di un cerchio formato da persone in preghiera, o forse danzatori, e le sue corna vengono incise insieme al disco solare, denotando quindi un valore altissimo attribuito da quelle popolazioni all’animale.
Un animale dunque, in conclusione, dotato di un immenso valore simbolico, tramandato di fede in fede. Un valore che gli deriva assai probabilmente proprio dalle sue stesse peculiarità sia caratteriali che fisiche.